… al pianeta. Ce lo dice l’ottimo articolo di Repubblica, segnalato oggi da Stefano, tradotto dal New York Times. Duecentoottantaquattro milioni le tonnellate di carne prodotte annualmente al mondo, con un aumento di quattro volte dal millenovecentosessantuno, trenta percento la quantità di terre coltivabili impegnate per la produzione di carne, novanta chili la carne mangiata in media da uno statunitense, un quinto dei gas serra prodotti la quantità imputabile agli allevamenti.
Questi i numeri che ci danno un’idea della portata del problema. Ma non è solo questione di numeri: la produzione industriale di carne provoca anche altri gravi danni come l’aumento di malattie resistenti agli antibiotici, a causa del loro massiccio uso, malattie cardiache cancro e diabete dovuti a consumi smodati, deforestazione causata dagli aumentati consumi di grano nonchè lo stato di permamente indigenza di popolazioni in nazioni che producono carne per esportazione anzichè vegetali per uso interno.
E forse questo è l’effetto più odioso: per produrre la stessa quantità di calorie attraverso il consumo di carne è necessaria una quantità di grano da due a cinque volte maggiore rispetto al consumo diretto del grano stesso. Mentre ottocento milioni di persone al mondo soffrono di fame o malnutrizione, la maggior parte del grano e della soia prodotti nel mondo vengono impiegati per allevare mucche, maiali e polli, con una notevole diminuzione dell’efficienza delle risorse.
Ed il discorso cade alla fine sulle politiche di utilizzo delle risorse, vero nodo cruciale che saremo chiamati a risolvere nei prossimi anni. L’aumento della domanda di etanolo per autotrazione di produzione vegetale ha contribuito all’aumento del quaranta percento del prezzo dei commestibili nell’ultimo anno.
Oggi nostri consumi voluttutari sono sempre più direttamente causa della povertà di milioni di persone, e della distruzione di sistemi naturali che ci forniscono servizi, come la depurazione di acqua e aria, la produttività delle acque e delle terre coltivabili, che non potremo rimpiazzare con alcun altro sistema prodotto artificialmente.
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