Beppe Fenoglio in questo romanzo ci racconta una storia della resistenza partigiana in forma epica, con un linguaggio che non trova paragoni in alcun altro scrittore che io conosca. Una forma che riesce a rendere in tutta la sua crudezza la resistenza, non leggenda fantastica ma guerra reale, fatta di sofferenza e morte, da uomini i cui difetti mettono a disagio, ma che al tempo stesso ci fanno comprendere la grandezza delle loro gesta.
Il protagonista principale di questo libro è comunque la lingua utilizzata, un italiano infarcito con inglese che ci fa restare “goggled”, come direbbe Fenoglio, per la sua armonia:
Ogniqualvolta il cammino era agevole e unhindered, Johnny le passava dietro, fisso alla sua unica treccia, una trecciona greve ed immobile sulle spalle ampie e scarne, tastless hair, e d’un colore che by that vision Johnny capì che cosa intendessero gli inglesi con “auburn”.
La storia dello studente Johnny, affascinato dalla lingua inglese, che dopo l’otto settembre decide di unirsi ai partigiani e vede terminare in questa guerra la sua giovinezza, viene descritta attraverso questo linguaggio con colori forti e contrastati. Fenoglio riesce qui ad inserire l’inglese come arricchimento ed estensione dell’italiano creando atmosfere uniche ed assolutamente originali.
Il libro, pubblicato postumo, esiste in tre versioni. Quella da me presentata è curata da Dante Isella che ha ricostruito il romanzo, come le altre due, dalle varie riscritture effettuate dell’autore.
Lascia un commento