Il capitolo 11 è la strada giusta per le case automobilistiche USA

Come promesso pubblico la traduzione di un secondo articolo del Financial Times sulle sovvenzioni governative statunitensi alle case automobilistiche, scritto da Stiglitz, vincitore nel 2001 del premio Nobel per l’economia.

La discussione sull’opportunità di salvare le tre grandi case automobilistiche è stata male interpretata. Gli aiuti sono stati descritti un pacchetto salvare gli immeritevoli dinosauri di Detroit. In realtà chi beneficerà di questo piano più di chiunque altro saranno gli azionisti e gli obbligazionisti. Ma queste non sono le persone che hanno bisogno di aiuto in questo momento. In realtà esse hanno contribuito al problema.
I mercati finanziari sono stati concepiti per allocare i capitali e controllare che siano utilizzati con risultati positivi. Essi dovrebbero essere ricompensati quando fanno un buon lavoro, ma anche subire le conseguenze quando falliscono. I mercati hanno fallito. Concentrandosi sui rendimenti trimestrali Wall Street ha incoraggiato un comportamento miope che ha contribuito alla sua morte e quella del settore manifatturiero americano, tra cui l’industria automobilistica. Oggi questi stessi mercati chiedono di sottrarsi alle loro responsabilità. Non dobbiamo permetterlo.
Quello che biosogna fare è aiutare le case automobilistiche affinchè abbiano un nuovo inizio e consentire loro di concentrarsi nella produzione di buone automobili piuttosto che fare giochi di prestigio con i loro libri contabili per soddisfare gli obblighi passato.
L’industria automobilistica degli Stati Uniti non chiuderà, ma deve essere ristrutturata. Ed il capitolo 11 del codice americano sui fallimenti dovrebbe fare proprio questo. Un tipo di fallimento preconfezionato, dove tutti i termini sono fissati prima presentarsi al tribunale fallimentare, può consentire loro di produrre vetture migliori e più ecologiche. Si possono anche affrontare obblighi derivanti dalle dismissioni. Le società possono aver bisogno di ulteriori finanziamenti. Dato lo stato dei mercati finanziari, il governo degli Stati Uniti può provvedere a questi finanziamenti facendo in modo di garantire ai contribuenti un ritorno economico che li compensi del rischio. Il Governo può anche garantire un’assicurazione, come fece due decenni fa durante la crisi della Chrysler.
Con una ristrutturazione finanziaria le vere attività non scompaiono. Gli investitori di capitale che non hanno adempiuto alla loro responsabilità di supervisione perdono tutto; gli obbligazionisti vengono convertiti in investitori e possono perdere ingenti somme. Liberati dall’obbligo di pagare gli interessi, i costruttori saranno in una posizione migliore. Il denaro del contribuente farà anche di più. Verranno scongiurati i rischi morali, che indeboliscono gli incentivi, e questo invierà un forte messaggio.
Qualcuno dirà che i fondi pensione e altri fondi ne soffriranno. Ma questo è vero per ogni investimento che subisce una riduzione. Può essere necessario che il governo aiuti alcuni fondi pensione, ma è meglio farlo direttamente, che attraverso massicce azioni di salvataggio sperando che un pò di soldi ricada fino a “vedove ed orfani”. Qualcun’altro dirà che il fallimento rischia di compromettere la fiducia nell’auto americana. Ma proprio l’auto e le case automobilistiche stesse, oltre alle scarse prestazioni dei loro dirigenti, hanno minato la fiducia. Se gli esperti del settore sostengono che saranno necessari centoventicinque miliardi di dollari (novantaquattro miliardi di euro), oltre agli sforzi per impostare il salvataggio, perché i consumatori degli Stati Uniti dovrebbe credere che un regalo di quindici miliardi di dollari magicamente genererà il cambiamento?
È più plausibile che ritornerà la fiducia se l’industria verrà liberata dall’onere del pagamento di interessi e potrà godere di un nuovo inizio. Le autovetture moderne sono prodotti tecnologici complessi e gli Stati Uniti hanno dimostrato la loro forza nella tecnologia avanzata. I lavoratori americani che lavorano per i costruttori giapponesi hanno dimostrato che col loro duro lavoro sono in grado di produrre automobili di successo. I dirigenti Americani hanno dimostrato le loro capacità manageriali in molti altri settori.
Il fallimento è stato causato dai dirigenti delle case automobilistiche degli Stati Uniti e dai mercati finanziari americani, che non hanno adempiuto al loro compito di supervisione e hanno incoraggiato un comportamento miope. Il “prestito ponte verso il nulla”, il pagamento per ciò che potrebbe essere un buco di proporzioni enormi, è un altro esempio del comportamento miope che ci ha trascinato in questo pasticcio.
Man mano che proseguono i salvataggi, numeri che una volta sarebbero parsi enormi cominciano a sembrare quasi normali. Vegono dati centinaia di miliardi alle banche e alle compagnie di assicurazione. L’AIG ha ottenuto centocinquanta miliardi di dollari. Al confronto i trentaquattro o anche i centoventicinque miliardi per l’industria automobilistica sembrano una richiesta modesta. Anche se non dobbiamo dimenticare che pochi mesi fa il presidente George W. Bush ha detto non c’erano abbastanza soldi per l’assicurazione sanitaria ai bambini poveri, che sarebbe costata pochi miliardi di dollari.
Anche se ora il Congresso vuole dare alle case automobilistiche quindici miliardi come una “sospensione della sentenza”, rinviando le decisioni difficili, prima della prossima dose di medicina multimiliardaria abbiamo bisogno di pensare con più attenzione su chi stiamo veramente salvando e perché. Non dovrà essere solo un altro pacchetto di salvataggio per azionisti e obbligazionisti.

Joseph Stiglitz, 11 Dicembre 2008

Commenti

Una risposta a “Il capitolo 11 è la strada giusta per le case automobilistiche USA”

  1. […] facendo girare gli attributi a velocità supersoniche. Anzichè cogliere l’ccasione per farsi propositivi e guidare una transizione verso una produzione che non faccia delle nostre città delle […]

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