Su Liberazione di oggi Christian Raimo scrive:
Un milione di incidenti sul lavoro all’anno, cento morti al mese, solo in Italia. Sono dati ufficiali. Dimostrano che la necessità di profitti delle aziende, che risparmiano sulle misure di sicurezza, costano a noi, in termini di vite umane, più di quanto stia costando agli Stati Uniti la guerra in Iraq.
Le chiamano morti bianche forse per dare un’idea di pulito, come il lenzuolo bianco che usano per coprire l’inguardabile. Ho passato molti anni sui cantieri di mezzo mondo ma mai sono riuscito ad abituarmi all’idea che lavoro molto spesso significa dolore, menomazione fisica e morte.
- beati quelli che precipitano dal tetto di un capannone che cede all’improvviso;
- beati quelli che vengono schiacciati dal carrellino elevatore che stavano guidando;
- beati coloro che vengono investiti da frane di materiale edilizio nei cantieri abusivi;
- beati coloro che vengono trascinati e stritolati dai nastri trasportatori;
- beati i camionisti che rimangono ustionati mentre controllano l’olio, quelli schiacciati tra la motrice e il proprio mezzo;
- beati coloro che scendono nei pozzi per lo scarico delle acque reflue e soffocano a causa delle esalazioni tossiche;
La lista continua lunga, interminabile. "Tragica fatalità", questa è la formula che molto spesso viene usata in questi casi. Una cosa che ho imparato è che gli incidenti sul lavoro non sono mai un fatalità, ma il risultato di una serie di errori, in molti casi dovuti ad ignoranza o stupidità.
- beati i soffocati da un incendio improvviso in una fabbrica-garage di materassi;
- beati i bruciati vivi;
- beati gli affogati in una tramoggia di olio di sansa;
- beati quelli che non entrano nelle statistiche perché muoiono per incidenti stradali avvenuti per la stanchezza conseguente al lavoro appena finito;
- beate le vittime di esposizioni ad agenti cancerogeni e tossici;
- beati quelli sopravvissuti miracolosamente a scariche di ventimila volt sprigionatesi da cavi elettrici pendenti;
- beati coloro che mentre montano luminarie per una festa paesana sfiorano i fili dell’alta tensione;
Questa stupidità non conosce confini e colpisce ricchi e poveri, paesi evoluti e terzo mondo. Da noi le cifre degli incidenti erano in discesa, ora da qualche tempo hanno ricominciato a salire, in nome della competizione globale, della flessibilità. Sono vite flessibili: ieri due morti in un porcile a Latisana, l’altro giorno 8 minatori morti in Polonia, e altri 15 intrappolati con poche possibilità di sopravvivere.
- beati coloro che muoiono all’istante;
- beati quelli per cui sono inutili tutti i tentativi di rianimazione;
- beati coloro che issati con un argano su un silos alto venti metri precipitano nel vuoto;
- beati quelli con fratture e lesioni diffuse su tutto il corpo, quelli che si spengono durante il tragitto in ambulanza;
- beati quelli con il torace schiacciato;
- beati i licenziati per “eccesso di infortuni”;
- beati coloro che scivolano mentre stavano riparando una grondaia;
- beati gli schiacciati dal proprio trattore;
- beati quelli contro i quali si aprono all’improvviso portelloni d’acciaio;
- beati i colpiti da un cilindro idraulico;
- beati coloro che rimangono asfissiati in laboratori colmi di materiali sintetici, stoffe e solventi; …
Basta, mi manca il cuore per continuare. Soprattutto perchè mi rendo conto che nonostante tutti i miei sforzi, sono anche io complice di questo scempio. Disgrazie evitabili se solo ci comportassimo tutti da uomini e ricordassimo sempre che nessun progresso potrà mai valere la vita di un altro uomo.
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