La Siria e gli avvoltoi

La dittatura degli Assad è appena caduta, il popolo Siriano è ancora in ginocchio e ovviamente la ripresa sarà faticosa. L’immagine che per me rappresenta meglio la Siria di oggi è lo sguardo smarrito delle persone rilasciate dalle prigioni del regime, alcune delle quali credevano che Hafiz fosse ancora al potere, altre senza più alcuna memoria del loro passato.

Garantire a una nazione in queste condizioni protezione e aiuto dovrebbe essere una priorità per chi si considera maestro di democrazia e portatore di pace e minimamente interessato a costruire un mondo migliore. Invece le notizie che leggo in questi giorni mi danno l’impressione di vedere un branco di avvoltoi che si aggirano attorno a una bestia ferita per cercare di strappargli brandelli di carne.

Da una parte abbiamo gli stati Europei, campioni di civiltà, la prima cosa che riescono a pensare è quella di abbandonare al loro destino chiunque non abbia il coraggio di affrontare questa ennesima crisi, oppure semplicemente voglia una pausa dall’angoscia e l’orrore per potersi rimettere in piedi. Chi in questi giorni vorrà lasciare la Siria per emigrare nell’occidente sviluppato non sarà più considerato un profugo, essendo il suo paese magicamente assurto in un giorno la rango di nazione sicura, e potrà essere immediatamente rimpatriato. Nel frattempo mi sembra di sentire il lavorio degli stessi cervelli che si lambiccano per capire come rispedire a una casa che molto spesso non c’è più anche chi in occidente è già arrivato con promessa di accoglienza e protezione.

Da un’altra vediamo Israele che cerca di rubare più territorio che può alla Siria, nella certezza di impunità. Come già imparato dalle sue rapine in Cisgiordania, Israele sa che i locali non avranno la forza di reagire e la comunità degli stati occidentali lo appoggeranno permettendogli di acquisire altri territori per le sue colonie. Tutti sanno già che le sue dichiarazioni di occupazione temporanea non saranno rispettate.

Abbiamo poi ancora Israele assieme a Turchia e Stati Uniti che, ognuno con le sue ragioni, cercano di distruggere più armamenti e infrastrutture di difesa che possono per fare in modo che la Siria di domani si trovi in condizioni di inferiorità in qualunque negoziazione che implichi una possibile minaccia militare. Come dire che non potrà più contare nulla per molti anni.

Di sicuro il mondo si ricorderà di questa lezione e saprà debitamente ricompensare chi così generosamente si è sforzato di mandare a fondo uno stato in ricostruzione.

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