Secondo quanto viene usualmente insegnato da scienziati e storici il metodo scientifico è un qualche cosa di moderno, che nasce e si siluppa a partire dal XVI secolo, e i pochi esempi di “scienziati” dell’antichità, come Euclide e Archimede, furono solo incerti precursori di una forma di pensiero che solo la nostra epoca avrebbe visto fiorire.
Lucio Russo nel suo libro “La rivoluzione dimenticata” ci offre un nuovo punto di vista, secondo cui questi antichi studiosi non furono casi isolati, ma esponenti di spicco di una scienza ellenistica che si sviluppò dal III secolo a.c. per quasi due secoli per poi finire distrutta e dispersa ad opera dei Romani, e che permise poi la nascita della scienza moderna.
La scoperta di questa antica rivoluzione porta anche alla conclusione che il progresso non è un qualcosa di automatico, e non può essere dato per scontato che lo sviluppo vada sempre in direzione del miglioramento.
[…] chi è interessato a difendere la razionalità scientifica dagli attacchi che sempre più ne mettono in forse il futuro deve essere consapevole che si tratta di una battaglia che un giorno è stata già perduta, con conseguenze millenarie su tutti gli aspetti della civiltà.
Trascorreranno quasi duemila anni prima che si sviluppi una cività in grado di comprendere le opere degli antichi scienziati. Leonardo, Galileo, Keplero e altri considerati precursori di una moderna concezione di scienza appaiono come confusi apprendisti, anche se geniali, al confronto con i personaggi che animarono la felice stagione ellenistica.
E da apprendisti imparano, infatti, su antichi testi fortunosamente giunti nelle loro mani, molti dei quali oggi quasi sicuramente scomparsi. Uno dei motivi dell’oblio millenario è stata proprio la dispersione e distruzione di questi testi, oltre alla uccisione o, nel migliore dei casi, alla riduzione in schiavitù di tanti studiosi.
E solo l’occhio attento di un filologo e storico della scienza come il Professor Russo ha potuto scorgere in trascrizioni apocrife o in rifacimenti effettuati da persone che ormai non comprendevano più l’originale, l’eco degli antichi fasti di una civiltà scientifica scomparsa.
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