Guido Rossi, giurista di fama e manager spesso chiamato a risolvere difficili situazioni, nel suo ultimo libro “Perchè filosofia” affronta tra gli altri anche il problema della sicurezza sul lavoro, con un’approccio sovranazionale che meriterebbe di essere considerato dai legislatori di casa nostra. Riporto qui i paragrafi principali del suo discorso:
Alla base dei nuovi programmi di sicurezza e di protezione della salute sta come tema centrale la valutazione del rischio. Il rischio deve essere in primo luogo identificato, poi stimato in relazione ai livelli di esposizione ai pericoli e infine gestito in base a norme precise. […]Non è peraltro pensabile che un così importante problema che riguarda la salute e l’integrità fisica dei lavoratori sia affidato a valutazioni, programmi e controlli elaborati e gestiti dalle singole imprese.
La gestione del rischio è una questione di interesse generale, e deve essere affidata a chi ha responsabilità politiche, a chi è legittimato ad emanare norme e leggi. Lo studioso tedesco Bern Schünemann ha scritto al riguardo: “lasciar formulare le regole della tecnica penalmente rilevanti ai privati avrebbe come conseguenza l’assegnare alla capra il compito del giardiniere, ossia attribuire al detentore del potenziale pericolo la potestà decisionale sulle misure di rischio consentito”. Le regole tecniche diventano precetti giuridici solo quando siano riconosciute da una legge. […]
È quello che è avvenuto, per esempio, negli Stati Uniti dove i problemi della sicurezza e della salute sul lavoro sono valutati e disciplinati da ben tre agenzie pubbliche indipendenti – la più importante delle quali è l’EPA – controllate a loro volta dalla magistratura, che hanno fornito linee-guida tali da garantire l’esistenza di una politica della sicurezza e della tecnologia organica e pubblica. Ma dov’è l’Italia? […] Si è caduti nel credo della virtù del mercato e nello scetticismo delle regole, varando una riforma feudale del diritto societario centrata sull’autonomia statutaria.
Di pari passo il d.lgs. 626/94, modificato nel 1996, definisce funzione indelegabile dei singoli “privati” datori di lavoro, la valutazione del rischio e la conseguente programmazione della sicurezza, nonchè la scelta delle persone incaricate del servizio di sicurezza e prevenzione. Ha […] commentato Federico Stella: “Altro che funzioni pubbliche, assolte da organi pubblici su delega del Parlamento! Altro che controllo della magistratura ordinaria sull’attività regolamentatoria delle agenzie pubbliche! Si può proprio dire che l’Italia ha scelto la soluzione peggiore: non solo ha fatto diventare ‘giardiniere la capra’, ma l’ha fatto assegnando alla capra compiti da essa inesigibili. Cosa ne sa la singola impresa e il suo datore di lavoro dei problemi legati alle tre fasi della valutazione del rischio? Cosa può sapere delle opzioni di default, dell’estrapolazione lineare o di quella da animale a uomo, delle valutazioni del rischio che possono variare di sei ordini di grandezza tra gli esperti, di tutti gli aspetti problematici connessi con l’incertezza scientifica?”.
Il d.lgs. 123/2007, di recentissima attuazione, non ha modificato in proposito la determinazione della responsabilità circa la valutazione del rischio. Non solo, come recita l’art. 29, “il datore di lavoro effettua la valutazione” del rischio ma anche, art. 34, “il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti ropri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi, di primo soccorso nonchè di prevenzione incendi e di evacuazione”. Il che, nonostante i corsi di formazione previsti dall’art. 32, è un tentativo di soluzione quantomeno bizzarro.
[…] Si è parlato tanto di riforma delle Agenzie indipendenti in Italia. Tuttavia non risulta che a qualcuno sia neppur balenata nella mente la possibilità di creare un’Agenzia per la sicurezza e la salute dei lavoratori, che detti – come negli Stati Uniti – le linee guida suffragate da scienziati, giuristi e sociologi, invece di lasciare la responsabilità a una sorta di giungla imprenditoriale. E il tutto mentre l’opinione pubblica (quasi) quotidianamente legge attonita di fatti drammatici che hanno (anche quantitativamente) ben poco riscontro con quel che avviene negli altri paesi industrializzati o per così dire “civili”.
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