Il sentiero (e le babbucce)

Ho letto con piacere Il sentiero delle babbucce gialle di Abdolah Kader. Ci ho ritrovato l’Iran che conosco, i volti che ho visto e le storie che mi hanno raccontato.

Il libro racconta la vita di un regista Iraniano, in cui realtà, favola e mito si incrociano e confondono. Inizia infatti con un brano di un poema antico che è l’allegoria della ricerca di se lungo il cammino della vita. Cammino difficile e tortuoso , spesso all’inseguimento delle mitiche babbucce gialle che rappresentano l’universo femminile visto come luogo di riposo, ventre materno, seno morbido su cui posare il capo, giaciglio tiepido che in cui riposare nelle pause del sentiero, lungo il quale però questa presenza è assente per stessa ammissione del protagonista.

Un primo tratto che ho riconosciuto in queste pagine è il valore delle pause, dell’attesa. Un atteggiamento fatalistico, alle volte indolente, che ritrovo in momenti della mia vita e che tante volte ho visto negli occhi dei persiani. Molte volte non vale la pena di agitarsi per volere ripartire, la vita ti prenderà nella suo turbine e saranno giorni duri e tesi. Approfitta delle pause per ritrovare il tuo equilibrio e preparati. Il libro racconta di momenti così, periodi sospesi in cui sembra non accada nulla, ma poi la corrente riprende ed è importante farci trovare forti al timone per non essere travolti.

Un’altra meraviglia di questo racconto, che ho incontrato spesso nei miei viaggi in Persia, è la familiarità con la leggenda che si respira dalle pagine. Le favole di Sherazadeh sono cronaca di tutti i giorni, così come lo sono i Jinn che tante volte ho incontrato sul mio cammino là. Il ricordo più dolce che ho di quella terra è un viaggio dalle montagne del Kerman al mare il giorno del Sizdah Be-dar. Prati di montagna costellati di tende con famiglie partite il giorno prima per sfuggire ai Jinn che tradizionalmente quel giorno invadono le case. Strade piene di auto e moto con ben in vista sul tetto o sul portapacchi i germogli di cereali, i Sabzeh, piantati poco prima del Nowruz, il capodanno persiano, per essere posati nei torrenti. E attorno un odore di zagare così intenso da farti pensare di essere davvero entrato in una fiaba. Durante la quale in mezzo al nulla di una valle sperduta un folletto venuto da chissà dove ci offre uno dei più deliziosi doogh che abbia mai assaggiato.

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