Perchè diciamo “ho l’insonnia” anzichè “non riesco a dormire“, “ho un problema” invece di “sono agitato“? Perchè trasformiamo i nostri sentimenti in un oggetto, sostituendo l’io dell’esperienza con l’impersonalità del possesso? Erich Fromm in questo intenso saggio pubblicato nel millenovecentosettantasei, ci spiega come il consumismo moderno ha trasformato il nostro modo di esprimerci e di pensare.
L’uomo moderno ha sempre più bisogno di possedere le cose che lo circondano, come una sorta di gigantesca metaforica coperta di Linus che ci dà l’effimera sicurezza di controllare i nostri destini, arrivando, ad esempio, ad anteporre il possesso di un’auto alla libertà di viaggiare in strade libere dal traffico. Ma non sempre è stato così, le modalità dell’avere e dell’essere si sono periodicamente succedute nella storia del mondo.
Fromm effettua un’analisi storica e sociologica dei momenti in cui la seconda modalità ha prevalso, a partire dalla fuga dall’Egitto degli ebrei, che rinunciarono alla relativa sicurezza di una schiavitù che garantiva un pasto sicuro per l’incertezza di una vita nel deserto, proseguendo con il buddismo, il cristianesimo delle origini, il marxismo, prima che venisse corrotto dallo stalinismo, e l’umanesimo medioevale.
Qui ritorna l’idea, che ritrovai già in Bruni, che, dal medioevo ad oggi, ad un notevole progresso tecnologico, che ha migliorato il livello di vita di molti, sia corrisposto un regresso economico e sociale che ha creato una disparità di accesso alle risorse mai conosciuta nel passato. E noi appartenenti alla parte ricca dell’umanità dobbiamo fare i conti con un sempre più malcelato imbarazzo verso l’abisso di povertà e disgrazia che coinvolge la maggioranza della popolazione mondiale e con cui ogni giorno dobbiamo confrontarci.
Fromm tenta anche una descrizione di un uomo nuovo e di una nuova società, cosa che a mio parere non gli riesce altrettanto bene quanto le analisi precedenti, ma l’opera rimane comunque un valido strumento per comprendere le cause di molti mali che colpirono il secolo ventesimo e che stanno ancora oggi peggiorando le condizioni dell’umanità.
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