L’altro giorno mi sono trovato a discutere con mio fratello a proposito di alimentazione e salute, e le mie argomentazioni non mi sono parse molto convincenti. Voglio quindi provare qui ad articolare un discorso più lineare sull’argomento.
Sempre più spesso sento intorno a me discutere di alimentazione come di una possibile via al benessere psicofisico, e ogni giorno dai media eminenti alimentaristi, nutrizionisti e santoni vari ci consigliano come possiamo raggiungere il nostro paradiso in terra mangiando il cibo più adatto a noi. Più ci penso e più questi argomenti mi sembrano delle solenni stupidaggini per due principali motivi.
Il primo è legato al concetto di evoluzione: uno dei motivi per cui l’uomo è riuscito a diventare l’animale dominante sul nostro pianeta è stata la sua capacità di adattamento. La specie umana nei millenni ha colonizzato tutti i territori, dalle calotte artiche all’equatore, ed è sempre riuscita a trovare i mezzi di sostentamento. L’uomo è onnivoro, nel senso che è potenzialmente in grado di metabolizzare molte sostanze biologiche: andando in cerca di una mitica “alimentazione perfetta” non andiamo verso una involuzione, e quindi una perdita delle nostre capacità?
È meglio essere un sanissimo macrobiotico che segue una dieta bilanciata o un selvaggio in grado di sopravvivere con topi e scarafaggi? Sicuramente in caso di problemi il secondo ha più probabilità di sopravvivenza. Voglio inoltre accostare a questo due ulteriori concetti: la necessità di un’approccio dinamico e di una presunzione di salute. L’uomo si evolve, appunto, anche nell’arco di una vita, quindi gli stessi principi possono essere veri oggi ma sbagliati domani. L’uomo inoltre nasce sano, e cominciando a ragionare da malati prima di esserlo riusciremo solo ad indebolire le nostre difese: le malattie rinforzano il nostro organismo esattamente come la fatica rinforza i nostri muscoli.
Il secondo motivo riguarda invece argomenti di ordine etico e sociale: oggi purtroppo, per vari motivi, non è possibile sfamare tutti con cibi coltivati lontano da contaminazioni o dissetare tutti con acqua di alta montagna. E quindi quando sento gente dire che bisogna mangiare solo uccelli paduli coltivati sopra gli ottomila metri da contadini giargianesi, vorrei chiedere loro se quindi tutto il resto del mondo deve morire mangiando hamburger di MacDonald.
Questa strada potrà quindi, anche se ho i miei dubbi, far vivere qualche anno in più una porzione molto limitata di popolazione, ma non farà avanzare di un passo la nostra società. Quello che serve oggi è favorire la coltivazione sostenibile (che in molti casi coincide con una coltivazione biologica) di cibi a forte rendimento per unità di superficie coltivata.
Per intenderci oggi più di un terzo della produzione mondiale di grano viene utilizzata per allevare animali, riducendo così di decine di volte la quantità di proteine che vengono alla fine ottenute a parità di superficie. Inoltre anche tra gli animali vi sono quelli che a parità di proteine vegetali producono più proteine animali e quelli che ne producono di meno, come le mucche che producono meno di un quarto delle proteine di pollame o carpe.
Per questo motivi io mi rifiuto per principio di sottopormi ad una particolare dieta, anche se questa mi farà vivere cent’anni.
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