Ieri ho rivisto una puntata di A come Andromeda, e mi ha fatto quasi tenerezza rivedere il computer di 34 anni fa. E non stiamo parlando solo di fantasie, visto che le apparecchiature per la serie sono state allora fornite dalla Honeywell Information System Italia.
Ovviamente il supercomputer, che aveva quasi la capacità del cervello umano, occupava una stanza grande come un appartamento, ed era composto da svariate console. Aveva una tastiera di input ed una stampante di output, e sviluppava un calcolo alla volta. Il generale dell’esercito che sovrintendeva alla costruzione, telefonando al suo capo gli riferisce con un sorriso smagliante che "la costruzione è durata meno di sei mesi, con un anticipo di tredici giorni sui tempi previsti".
Ma la cosa più incredibile è stata la presentazione di quella che noi oggi chiamiamo CPU: un cubo di circa due metri di lato montato su un grosso piedestallo e costituito da "strati alternati di materiale conduttore e non conduttore dello spessore di un decimillesimo di millimetro" come ha spiegato il Dottor Fleming, lo scienziato a capo del progetto, e che per funzionare doveva essere mantenuto a temperature vicine allo zero assoluto.
Quando il Dottor Fleming ha detto al suo assistente "potete procedere al collegamento", sono partiti in sei!
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