Storie da Baghdad

Mi trovo a Baghdad e, come potevo aspettarmi dalla città di Sherazade, storie moderne e antiche mi assalgono.

Resuscitare i rottami

Io sono qui perché un cliente che ci ha comperato un impianto per diversi milioni di euro nel 2014 vorrebbe ora avviarlo dopo 10 anni di abbandono. Come qualcuno ricorderà esattamente nello stesso anno l’ISIS dichiarò il califfato e in poco tempo sgretolò le forze armate irachene arrivando fin quasi a Baghdad, questo bloccò quasi ogni attività. In qualche modo l’impianto fu installato, anche se con standard qualitativi piuttosto bassi, però rimase comunque abbandonato fino ad oggi. Ora il cliente ci ha chiamato per capire come fare per metterlo in produzione. Effettuando l’ispezione ho trovato ruggine un po’ dappertutto, incluso dentro alle macchine principali. I costi per rimettere in vita questo mucchio di rottami saranno paragonabili a quelli spesi per acquistarlo dieci anni fa, ma nessuno qui sembra sorpreso dalla cosa.

Abbandonare l’Iraq

La persona che sta facendo da tramite e garante in questo lavoro vive in Giordania, ma la sua famiglia è originaria di Baghdad. Mi racconta che la sua famiglia è armena e sono emigrati in Giordania durante la dittatura di Saddam Hussein, a seguito delle persecuzioni delle minoranze. Sono ritornati poi in Iraq dopo la caduta del dittatore, ma hanno trovato una situazione disastrosa, con conflitti continui tra le varie fazioni e una economia sempre vicina la collasso. sono rimasti alcuni anni in bilico tra Giordania e Iraq ma alla fine la madre, che era stata quella che più aveva desiderato il ritorno, aveva pregato il marito di non tornare più perché le faceva troppo male vedere il suo paese in quelle condizioni.

Lo zio in Siria

L’autista che ci accompagna tutti i giorni ha uno zio che andava spesso in Siria per affari. Anni fa un brutto giorno non è più tornato e seppero che era stato catturato dalle milizie di Bashar al Assad. Da allora non hanno più notizie di lui, né sanno se sia ancora vivo. Questa settimana, dopo la cacciata di Bashar, la moglie e un altro parente sono partiti per la Siria per cercarlo, o almeno per capire quale sia stata la sua fine.

Elettricità a Baghdad

Tutti i giorni, diverse volte al giorno, l’elettricità viene a mancare e nel nostro albergo dopo pochi minuti il generatore di emergenza entra in funzione per ripristinarla. Il mio ospite mi ha raccontato che l’azienda elettrica è la stessa che affitta i generatori, quindi non ha alcun interesse a sistemare la rete per fare cessare le interruzioni, perché in quel caso perderebbe il business dei generatori. Dice che in Libano esiste da molto tempo una situazione simile, ma in Iraq non era così, neanche sotto Saddam. Questo business model è arrivato con gli americani ed è rimasto fino ad oggi.

Marmista alla Central Bank

Una mattina facendo colazione sento una persona parlare italiano, quindi mi sono reso conto che non ero l’unico matto a essere venuto da queste parti. Nei giorni seguenti faccio conoscenza con lui: è un marmista venuto dalla provincia di Carrara, ovviamente, per sistemare i marmi della Central Bank Tower. Come me si trova a dover sistemare materiale acquistato prima che l’ISIS facesse disastri e bloccasse di fatto ogni attività che non fosse direttamente collegata al conflitto. Lui lavora con personale prevalentemente Indiano, perchè qui non esistono persone che sappiano trattare il marmo. I suoi problemi sono le macchie sui marmi dovute all’abbandono dei materiali all’esterno e le lastre rotte per incuria o ignoranza. Mi dice che lo guardano come a un mago per lavori che lui ha imparato a eseguire fin da bambino e che nessun altro sarà mai in grado di eseguire qui senza di lui.

L’Ucraina vista da qui

Chiacchierando con il mio ospite, un cristiano benestante educato in Inghilterra che lavora ad Amman nell’azienda di famiglia con agganci in aziende statunitensi e europee, rimando sorpreso dal suo punto di vista del conflitto Ucraino. Pur considerando Putin un criminale sostiene che nel caso della guerra Ucraina condivide la retorica che sostiene che la Russia sia stata costretta a iniziarla a causa dell’aggressività della NATO. Fa il parallelo con la crisi dei missili di Cuba in cui secondo lui gli Stati Uniti avrebbero reagito allo stesso modo al tentativo della Russia di allargare la sua zona di influenza. Inoltre secondo lui per risolvere la crisi Stati Uniti e Europa dovrebbero cessare di inviare aiuti all’Ucraina. Sentendolo parlare capisco il suo punto di vista, anche se non avrei mai pensato che la propaganda di Putin potesse convincere a una persona così in questa parte di mondo. La riflessione che dovremo fare è che se dovessimo gareggiare per un primato di garanzia di sovranità dei popoli non ne usciremo molto bene.

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