Licenziare le licenze

Seguo con interesse da alcuni giorni il caso che contrappone Radio Radicale ad un noto blogger che, a detta dei Radicali, non avrebbe rispettato la licenza Creative Commons utilizzata dalla Radio per diffondere i suoi programmi. La decisione di questi ultimi di inviare una diffida legale è stata da più parti criticata come tentativo di censura.

Leggo oggi un’interessante intervento di Andrea Rossato sull’argomento in cui si fa una fondamentale osservazione: la nascita di licenze che sempre più spesso trasformano la proprietà intellettuale in proprietà tout court sta trasformando il nostro modo di pensare a questo possesso.

Se da un lato ci porta a ritenere normale la riduzione degli spazi di libertà degli utenti di prodotti cosiddetti "d’ingegno", dall’altro provoca un riflesso quasi inconscio di avversione per ogni richiamo alla legalità in questa materia, e questo mi porta a due riflessioni. Prima di tutto dovremmo sempre ricordare che anche la proprietà intellettuale espressa dalle licenze "aperte" concede al creatore dei privilegi che andrebbero rispettati e che, come spiegato in modo chiaro nell’articolo, qualora l’ospite non si comporti educatamente, il padrone di casa ha tutti i diritti di chiedergli di levare il disturbo.

Il secondo pensiero, forse più importante, è che nemmeno le licenze Creative Commons possono essere considerate la panacea per tutti i guasti. La soluzione a questi come ad altri conflitti non può essere ricercata solamente in una, se pur appropriata, regolamentazione, ma dovremo rieducarci a ricomporli per mezzo di relazioni umane basate sul rispetto reciproco e di un sanzionamento sociale.

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