Resaca, hangover, guele de bois, kater, na-dorst, hont i haret, jeg har tommermen, mamurluk, kac, persecutie, pojmielye, futsukayoi, cruda. Sono solo alcuni dei nomi nomi con cui viene chiamato il doposbonza nel mondo. In italiano non ha un nome apposito, ma viene definito in funzione di ciò che è avvenuto prima: il doposbronza o i postumi della sbornia. Invece, secondo Juan Bas, l’autore di questo prezioso libretto, si tratta di uno stato d’animo ben definito, quel modo di pensare e di agire che può essere riassunto dal pensiero che ci assale più di frequente quando attraversiamo questa particolare condizione: “Mai più!“.
Con il doposbronza […] si possono avere rapporti sessuali, si può firmare una condanna a morte, dichiarare una guerra e contrarre matrimonio, come illustrano gli esempi offerti dalla Storia.
E per questo è importante farne un’analisi approfondita. Juan, dopo due brevi excursus, medico e storico, cataloga ben trentuno diversi tipi di risacca la maggior parte dei quali, a giudicare dai dettagli con cui li descrive, deve avere personalmente sperimentato.
L’esiguità del capitolo dedicato ai palliativi ci fa capire quanto inutile sia il cercare una via di fuga da questo vortice vertiginoso dell’inerzia nera. Forse vale solo affidarsi al protettore dei risaccosi, quel San Bernardo di Alzira il cui martirio viene così descritto:
Il crudele giustiziere conficcò con tre sonore martellate il lungo chiodo di bronzo nella fronte dell’impavido San Bernardo. Il sant’uomo, dimostrando una tempra d’acciaio, si limitò ad aggrottare la fronte come quando ci assale un brutto pensiero.
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