Sizdah Bedar

Sono le sei di mattina. Su una strada sperduta nelle montagne tra Kerman e Shiraz vedo famiglie uscire da moderne tendine a cupola, piazzate nei posti più improbabili in mezzo alla steppa di radi cespugli che mi circonda. Dai paesi partono file di automobili e bus stracarichi di gente, vivande e masserizie; molte di queste auto sono addobbate con Sabzeh, ciuffi di germogli di grano o lenticchie preparati prima del Nowruz, che verranno messi nei corsi d’acqua per restituirli alla natura.

È il Sizdah Bedar, il tredicesimo giorno dell’anno persiano, che chiude le feste per l’anno nuovo e in cui, secondo la tradizione, per scongiurare l’arrivo di spiriti maligni bisogna uscire di casa e cercare il contatto con la natura.

Moto di piccola cilindrata lanciate a velocità sconsiderate portano famiglie intere di tre, quattro persone con cesti e sacchetti, mentre su vecchie Paykan o più moderne Saipa Pride sono stipate fino a sette, otto persone. Da centinaia di anni il tredicesimo giorno dell’anno è considerato un giorno sfortunato in cui l’uomo, dopo aver passato i primi dodici giorni mettendo ordine in casa, può essere preda del caos. Per scongiurare ciò è necessario uscire di casa e tro9varsi un bel posto in mezzo alla natura, possibilmente con molta erba e un corso d`acqua. Sulle montagne, a chilometri dalla strada principale vedo gruppi di persone su grandi coperte, i bambini che corrono intorno.

I paesi sono deserti e nella fresca mattina di primavera il profumo dolce e intenso dei fiori d’arancio riesce finalmente a vincere sui gas di scarico dei pochi mezzi di passaggio. Trovare un ristorante aperto è un problema, e alla fine ci decidiamo a mangiare su una panchina un poco di pane azimo con formaggio, marmellata e qualche frutto. Ovunque incontriamo greggi di pecore e capre guidate dai loro pastori. In mezzo ad un altopiano, a decine di chilometri dal paese più vicino troviamo un bambino di dieci anni o poco più che vende un buonissimo doogh di capra, bevanda tradizionale fatta con yogurt di capra, acqua sale e menta.

Intorno a mezzogiorno il sole comincia a scaldare e i rari gruppi di alberi sono tutti occupati dalle famiglie che pranzano. Noi siamo in viaggio per raggiungere un camion con una parte della nostra fornitura disperso a cinquecento chilometri di disanza da noi: tra andata e ritorno saremo in viaggio per quasi quindici ore. A sera sulla strada del ritorno vediamo tornare al paese gli stessi gruppi che il nostro autista, sempre lanciato a velocità folle per queste strade, ha superato in mattinata.

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