A pochi mesi dai tragici fatti della ThyssenKrupp di Torino Marco Rovelli dona alle stampe questa opera volutamente emozionale e emozionante. Non a caso solo all’ultimo capitolo ci ricorda i numeri dell’inaccettabile fenomeno delle morti bianche. I milletrecento morti l’anno nella stragrande maggioranza dei casi lavorano in aziende al di sotto dei dieci dipendenti, molto spesso sono ai primi o al primo giorno di lavoro, lavoratori temporanei e stranieri.
Per capire fino in fondo la tragedia, per non farsi ingannare dall’assurdo confronto delle percentuali bisogna guardare negli occhi una ad una queste vittime: Florian, Andrea, Salvatore, Stefan, Nicola, Joubert, Gianfranco, Bogdan, Artan, Pasquale, Jasmine, Matteo, Antonino e così avanti per millanta volte, come pietre di un blasfemo rosario. E quando conosci le loro storie ti rendi conto che non c’entra l’errore umano e non vi è alcuna fatalità.
Trovi solo la determinazione ad ottenere profitti con metodi che con precisione matematica richiedono il loro tributo di invalidità e di morti. E ci troviamo tutti a calcolare le “vittime del lavoro per unità di prodotto”, un indice che parla di un sacrificio ad un moderna divinità, di esseri umani diventati estensione della macchina produttiva, e come tale secondari rispetto al fine ultimo.
E trovi anche l’abbandono da parte di chi sta vicino, dei colleghi di lavoro che si rifiutano di testimoniare, che negano l’evidenza per paura di perdere il posto. La fine di quella solidarietà sociale che in passato ha permesso di vincere tante battaglie per i diritti. La sorpresa al funerale dei morti della ThyssenKrupp non è stata che si vedesse finalmente la classe operaia, ma che essa fosse desolatamente sola:
Nel corteo c’era una parte sola, c’era il lutto di una sola parte. La composizione del corteo era impressionante, una massa scura di facce operaie. Tanti, forse trentamila, e soli, non più la città intera. C’erano gli operai di Torino a piangere i propri morti. Le altre tante Torino non c’erano, ognuna a rincorrere i suoi guai
E se sei solo, operaio, precario, straniero o donna, diventi facile preda di un mercato che ti considera un evento statistico in fin dei conti trascurabile.
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