Nel suo ultimo romanzo, Aracoeli, Elsa Morante ci porge un giudizio amaro e desolante della realtà, anche se lo svolgimento della storia offre momenti poetici di grande bellezza. La cronaca del viaggio di un figlio, quasi un pellegrinaggio, nella terra natale della madre si mischia ai ricordi di una vita travagliata, da perdente, in cui a un’infanzia serena succedono anni in cui la guerra e le disgrazie familiari non rispamiano alcun affronto al nostro Manuele.
Durante gli anni in cui scrisse il libro la scrittrice soffrì di una serie di malanni fisici che le annunciavano una difficile vecchiaia, e questo ha certamente influito nella pessimistica visione di quest’opera. A differenza di altri suoi libri, questa volta la maternità non è motivo di salvezza ma, dopo un inizio idilliaco, si mostra essa stessa degradante e scandalosa. Questa vita sofferta porterà infine Manuele, quarantenne omosessuale e bruttino, a cercare conforto in una insana ricerca degli inizi, quasi una regressione fetale in cerca dell’unico amore di cui abbia memoria.
Il presente dell’io narrante è il novembre del millenovecentosettantacinque, mese ed anno della morte di Pier Paolo Pasolini, ed il protagonista, come lo scrittore, è un omossessuale che adora la madre . Qualcuno ha visto in queste conicidenze un omaggio che a modo suo la Morante ha voluto offrire al collega e grande amico scomparso.
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