Da più parti è stata espressa perplessità per il provvedimento del ministro Gentiloni riguardo l’uso dei cellulari nelle scuole. Io condivido il punto di vista espresso su Repubblica da Michele Serra, il quale vede in questi fatti un drammatico peggioramento dell’educazione dei singoli. In effetti la mia convinzione è che il numero di leggi esistenti sia inversamente proporzionale al livello di civiltà della società che le promulga.
Quando ho espresso questa mia idea su un blog amico mi è stato risposto con una dotta citazione: "Ubi societas ibi ius", a significare che ogni società può dirsi civile solo quando si fonda sul diritto. Questa affermazione non entra comunque in conflitto con la mia, in quanto quello che critico io non è l’esistenza del diritto, ma la sua prolissità.
In una società ideale sarebbe sufficiente una sola legge, che viene ben riassunta dalla nostra tradizione cristiana in "ama il prossimo tuo come te stesso". Tutte le altre leggi e regolamenti possono essere dedotte logicamente da questo monito.
Purtroppo non ci troviamo in una società ideale, ed è necessario entrare un pò più nel dettaglio. Qualora sia però necessario, come sembra sia necessario oggi, regolamentare ogni singolo istante ed occasione della nostra vita per evitare che questi si trasformino in conflitti, ci troviamo di fronte ad uno dei seguenti casi: o siamo tutti automi idioti, e come tali dobbiamo essere programmati per ogni singola azione, oppure i principi che ci vengono insegnati sono incompatibili con il vivere civile.
Io propendo per la seconda ipotesi, e penso quindi che sia il caso che cominciamo a ripensare cosa stiamo effettivamente insegnando ai nostri figli.
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