Ancora una volta in Egitto, questo giro quasi sempre in cantiere. Non è un sorpresa osservare che qui la vita umana vale meno di zero, ma lo è un poco scoprire che da qualche anno, se possibile, sono persino peggiorati. Vedo gente da tutte le parti che si arrampica come scimmie fino a trenta, quaranta metri senza protezione alcuna, lungo travi arrugginite e costruisce ponteggi con legni da imballaggio.
In queste condizioni l’infortunio o la morte è quasi la norma. Quando mi sono messo la cintura di sicurezza per arrampicarmi su uno di quegli abbozzi di ponteggio mi hanno guardato con compatimento come fossi un handicappato o un marziano.
Naturalmente la divisa da lavoro prevede quasi esclusivamente scarpe da ginnastica o ciabattine, vestiti stracciati e qualche raro elmetto di almeno vent’anni. I materiali, anche di diversi quintali, vengono sollevati e trasportati rigorosamente a mano, e i cavi elettrici, logori e rappezzati, attraversano il cantiere in tutte le direzioni in attesa del pirla di turno da fulminare.
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