Un prete di montagna

La Famiglia
La Comunità
Il Lavoro
La Chiesa
Il Clero
La montagna

Recentemente sono venuto in possesso di una raccolta fotografica appartenuta al parroco di Mezzoldo. Per lo meno questo è quello che mi hanno detto quando ho chiesto cosa conteneva quel sacchetto di carta dall’aria alquanto antica appoggiato sul tavolo. Incuriosito mi sono messo ad esaminare il contenuto, mosso dall’ interesse per tutto ciò che sà di storia, anche con la “s” minuscola, e subito è nato il desiderio di appropriarmene, anche solo in formato digitale. Detto e fatto: dopo poco ero già intento a scansire le circa 200 foto che componevano la raccolta.

Dai pochi indizi contenuti nelle foto ho potuto capire che le più antiche dovrebbero risalire a prima dell’ultima guerra, mentre quelle più recenti dovrebbero essere datate nei primi anni sessanta, e la maggior parte di loro dovevano essere dei “provini”, anche se di buona qualità. Niente di artistico comunque, anzi molti scatti sono evidentemente stati eseguiti con mano maldestra, ma man mano che scorrevo le foto mi accorgevo che una storia cominciava a dipanarsi davanti a me; non ho mai conosciuto quest’uomo, nemmeno da racconti o chiacchiere di conoscenti, quindi di pura invenzione si tratta, tuttavia quanto ho visto mi è piaciuto e vorrei raccontarlo.

E’ la storia di un parroco di montagna, come ce n’erano tanti, che penso avrei stimato, se avessi potuto conoscerlo. Una storia in cui spiccano sei protagonisti che devono aver riempito la vita di quest’uomo, una vita semplice, ma a suo modo avventurosa: una vita da navigatore di anime.

La famiglia

Probabilmente il protagonista principale di questa storia è la famiglia. La sua è una famiglia di montanari: lui è l’ultimo di quattro fratelli maschi, forse con qualche sorella. Come si usava una volta, probabilmente, all’ultimo maschio è toccato servire il signore, come agnello sacrificale sull’altare di un Dio non sempre benigno. Un Dio che comunque insegnava la vita attraverso il clero che molto spesso faceva le veci di un’autorità statale inesistente, in quelle terre collegate al mondo in modo precario. Il servizio sacerdotale gli ha permesso di studiare e vedere il mondo, fortuna concessa a pochi, guadagnandosi il rispetto e la stima dei suoi conoscenti.

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È una famiglia patriarcale, un pò misogina come si usava un tempo, in cui il legame forte passa attraverso gli uomini che con la loro forza fisica assicurano la sopravvivenza di tutti, in un mondo comunque duro. Formidabili sono le foto dei tre fratelli abbracciati al fratello prete, in cui si legge il legame di profondo affetto che lo lega a loro, ma soprattutto al più grande. Nonostante non avesse la sua istruzione il fratello maggiore rimane la sua guida: lui appena può lo segue anche all’estero, ed il fratello ricambia volentieri. Ed è ben consapevole del suo ruolo, tanto che gli fa dono di “santini” che permettano al fratello di ricordarlo anche quando è lontano.

La comunità

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Nonostante la sua fosse stata una vocazione nata da esigenze terrene, la sua fede non è per questo meno forte, ed il suo impegno nel sacerdozio non avrebbe potuto essere maggiore. Un sacerdozio inteso come servizio, verso Dio, la Chiesa ed il gregge di anime che questa le ha affidato. Forte in lui è il senso della Comunità, in cui portare quei sentimenti di solidarietà e fratellanza che aveva respirato in famiglia. Famiglia che costituisce la cellula principale di un’organismo sociale che unisce comunque tutti, e su cui lui sente una forte responsabilità spirituale e materiale.

Il lavoro

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Profondo è il suo rispetto per il lavoro umano. Un lavoro che prima di essere fonte di reddito è creazione e concepimento di mezzi che permettono il sostentamento ed il miglioramento della vita di tutti. E c’è un pò di rimpianto in lui, pastore di anime, nell’aver rinunciato alla creazione di opere materiali; creazione che può apparire quasi divina.

La chiesa

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Ma un’opera terrena anche lui ha almeno contribuito a crearla. Un’opera che era al tempo stesso monito e richiamo, che simboleggia la presenza divina, per questo è infine la casa di tutti. La chiesa parocchiale è sicuramente il suo orgoglio, e per essa lui si concede quella vanità che si nega per altri aspetti esteriori. È un’oggetto terreno che tramite l’amore e la passione degli uomini diventa divino, quasi un poco di paradiso in mezzo a noi.

Il Clero

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« di 20 »

La sua vita sacerdotale è prima di tutto gioia, e gioiosa (direi quasi giocosa) è la sua interpretazione della fede. Più che avvicinare il popolo alla Chiesa lui ci tiene ad avvicinare l’autorità clericale al popolo, spogliarla per quanto possibile dei suoi paludamenti e portarla alla gente per permettere a tutti di condividere il mistero di uomini che cercano di avvicinarsi al divino attraverso la rinuncia e la disciplina, e riescono a farlo con la gioia e l’amore nel cuore.

La montagna

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« di 16 »

Ed un posto speciale nel suo cuore lo hanno le sue montagne. Montagne che sono viste attraverso gli occhi di un bambino, con un misto di stupore e soggezione per una cosa tanto bella e tanto potente come l’esplosione della natura in quei posti. Che ti fanno venir voglia di perderti in loro, ed anche nelle grige giornate d’inverno riservano angoli di pura bellezza. Il paradiso in cui lui si augura di far riposare la sua anima ha di certo l’aspetto delle sue amate cime.

PS. Spero che queste mie righe e le foto da me pubblicate facciano felici quanti hanno avuto occasione di incontrare i protagonisti di questa storia e che la mia curiosità non ferisca la sensibilità di alcuno.